Siamo tutti mutanti, io poi sono pure troppo alta

Ero credo in seconda media o giù di lì quando la mia migliore amica dei tempi mi disse che spesso era a disagio con me perché ero “diversa”. Io pensai che si riferisse alla mia altezza (ero già un metro e ottanta in una città in cui l’altezza media delle dodicenni era un metro e cinquanta) e invece no, stava per iniziare un tormento che mi avrebbe accompagnato tutta la vita, un po’ un superpotere ma alla X-Men. «Sei diversa perché sai cosa vuol dire boicottaggio», mi disse (erano i tempi delle Olimpiadi di Mosca, qualche anno dopo Sting avrebbe cantato Russians, il Muro di Berlino era ancora bello su, ero innamorata di Miguel Bosé).

Da piccola ho fatto molta fatica ad accettare che c’erano cose che molti altri non sapevano; sono nata e cresciuta convinta che tutti sapessero, vedessero, capissero quello che sapevo, vedevo, capivo io.

“In che senso non sai cosa vuol dire boicottaggio?” le risposi.
“Ecco, vedi?” mi disse lei.

Anni e molti libri dopo, ovviamente, ne ho fatto un mestiere. Per anni ho sfruttato questa capacità di scoprire e imparare linguaggi (e nozioni) scrivendo per conto terzi come se fossi loro (lo chiamano “lavorare nella comunicazione”), da qualche anno ci aggiungo pensieri miei (che risultano spesso strampalati ai più) e li pubblico o li racconto in pubblico.

Ecco, ancora più che scrivere, questa cosa di parlare in pubblico mi piace assai, mi piace dagli esami universitari, mi piace pensare parlando, mi piace pensare a cosa devo dire e mi piace cambiarlo mentre lo dico. Mi piace che praticamente sempre nelle ore precedenti a un mio intervento succede qualcosa che mi fa capire come iniziare, mi piace improvvisare guardando le persone che ho davanti, mi piace la sensazione di pensare insieme a loro.

La sensazione è un po’ quella che ho descritto in questo tweet:

Una sensazione bella perché eccitante e leggermente spaventosa, quell’attimo in cui stacchi i piedi da terra e chiudi gli occhi e sei in aria e poi l’acqua, il costume che sfila via, due bracciate, la luce in alto, uscire e riprendere aria e contatto con una realtà in cui non voli.

Non ho mai paura prima, ho spesso paura dopo: la bambina in me, quella che indovina spesso il ritmo del discorso, continua a pensare che so tutto e che tutti sanno tutto e che quindi era tutto perfettamente chiaro, ma io adesso so benissimo che qualcuno non avrà capito, che molti si saranno annoiati, che qualcuno mi avrà odiata, che qualcuno mi avrà apprezzata per le ragioni sbagliate, che molti spesso capiscono quello che volevano loro e me lo attribuiscono, magari in un tweet.

La paura dopo non è un deterrente, soprattutto adesso che grazie al live twitting (qui per esempio tutti i tweet di #iloveischia) posso verificare quanto spesso e quanto bene arrivano molte cose che dico e che a volte sono anche utile a qualcuno. Soprattutto lavorando con gli operatori turistici sto cercando di affiancare al racconto di quello che so la pratica di quello che so fare, proprio mettendoli intorno a un tavolo con carta e penna (o tablet, se ce l’hanno). È quello che faremo a Trento durante TravelNext settimana prossima: passare dalle intuizioni (lo storytravelling) alla pratica, soprattutto esercitandoci a tuffarci e nuotare in un flusso di contenuti, proposte e risposte, sintonizzandoci con chi non ci sta di fronte fisicamente ma proprio per questo è molto più leggibile.

Ho imparato molto, negli ultimi anni, soprattutto da Marco Zamperini, ed è anche per lui, per continuare il suo instancabile lavoro di divulgazione, che cerco di far fare un passo indietro a quello che a me piace raccontare e di mettere in scena quello che può essere utile a chi mi è venuto a sentire. Solo dopo ho capito quanto aveva ragione  nel dirmi di non avere paura di ripetere sempre le stesse cose, di semplificare il linguaggio, di dire cose che a me sembravano scontate, come se lui vedesse ancora molto bene la ragazzina che non capiva in che senso non sai cosa vuol dire boicottaggio. Io ci sto provando, se chi mi ascolta ha dei consigli, delle richieste, delle critiche io sono qui, perché a me raccontare quello che so e quello che ho imparato piace e vorrei farlo sempre meglio.

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