Mettiamocela via

12 cose che ho imparato e che non ho più voglia di ripetere sui media digitali, per affrontarli come parte integrante e consueta della realtà in cui viviamo e non come un mondo diverso e a parte.

12 cose che ho imparato e che non ho più voglia di ripetere

  1. Internet, in sé, non esiste: è un luogo perfettamente coincidente con la realtà fisica, ci andiamo come andiamo in ufficio, al bar o in camera da letto. L’unica vera differenza rispetto agli ambienti fisici è che ci permette di essere ubiqui e/o invisibili.
  2. In Rete non ci sono conversazioni diverse, è che ascolti le conversazioni di persone molto diverse da te.
  3. Le relazioni online sono come le relazioni offline: poche sono profonde, moltissime sono superficiali, altrettante sono opportunistiche, di maniera o false.
  4. La tecnologia rende possibile abilita il cambiamento, non lo genera: una persona che non ha niente da dire o da dare non diventa attiva e generosa solo perché può farlo. Spiegarglielo un’altra volta e un’altra volta è come spiegare una barzelletta se uno non ha riso la prima volta che l’hai raccontata.
  5. La tecnologia abilita il talento dove c’è, non lo crea.
  6. I nativi digitali sono abituati alla tecnologia, non consapevoli delle sue potenzialità e in quanto tali nati miracolati sulla via di Damasco: meravigliarsi o dispiacersi che usino Facebook per commentare X-Factor e non per fare la rivoluzione è come darmi un’asta e meravigliarsi se non salto da un palazzo all’altro.
  7. La consapevolezza dei significati di un medium (di qualunque medium) appartiene a una minoranza di professionisti. Colmare il digital divide non vuol dire far diventare tutti professionisti.
  8. In quanto abilitatore e non causa del cambiamento, i media digitali in quanto tali non sono belli o brutti, giusti o sbagliati, utili o pericolosi. Il tecnodeterminismo (di qualunque segno) è solo un escamotage per guadagnare il palcoscenico.
  9. Se qualcuno – anche competente – ti spiega con dovizia di particolari i problemi di Internet, ti sta raccontando i suoi problemi con Internet.
  10. Internet è un medium in cui prevale la scrittura parlata o, ancora meglio, il pensiero trascritto. Serve una nuova sintassi.
  11. Gran parte degli scambi che avvengono online hanno natura fàtica, non di trasmissione di informazioni.
  12. È la storia, non il libro.
  1. The Internet does not exist: it perfectly matches the physical world, we go there as we go to the office, to a bar or as we enter our bedroom. The only real difference with respect to physical environments is that it allows us to be ubiquitous.
  2. On the Internet there aren’t different conversations, it’s that you listen to conversations of people very different from you.
  3. Online relationships are just like offline relationships: a few of them are deep, many are superficial, as many are opportunistic, mannered or false.
  4. Technology enables the change, it does not generate it: a person who has nothing to say or write does not become active and generous only because they may do so. Explaining the change to him again and again is like explaining a joke if one did not laugh the first time you told it.
  5. Technology enables the talent where it exists, it does not create it.
  6. Digital natives are accustomed to technology, not aware of all its potential: being amazed or disappointed that they use Facebook to comment on X-Factor rather than to make a revolution is like giving me a pole and wondering why I’m not jumping from one rooftop the other.
  7. The awareness of the significance of a medium (any medium) belongs to a minority of professionals. Bridging the digital divide does not mean making everyone professionals.
  8. In being an enabler and not the cause of the change, digital media cannot be classified as good or bad, right or wrong, useful or dangerous.
    Labeling them with those attributes is just a cheap shot to win the stage.
  9. If someone – even competent – explains in detail the issues of the Internet, they’re are just telling you about their problems with the Internet.
  10. The Internet is a medium in which the spoken language prevails, or even better, the transcribed thought. We need a new syntax.
  11. Most of the exchanges that occur online are phatic nature, no transmission of information.
  12. It’s about the story, not the book.

This list was posted yesterday in italian. Luca Sartoni (with Sara Rosso‘s help) republished it in english.

Ci sono 137 commenti

  1. Scusa se mi permetto ma le regole della grammatica le hai dimenticate, anche quelle della logica. SE UNA COSA NON ESISTE NON PUO’ ESSERE UN LUOGO.

  2. […] non c’è nulla di male. Come Dice giustamente Mafe De Baggis “Gran parte degli scambi che avvengono online hanno natura fàtica, non di trasmissione di […]

  3. Alessandra Farabegoli | Facebook per le piccole imprese, reloaded – #1 ha detto:

    […] di una cosa che io e altri più autorevolmente di me andiamo dicendo da tempo, che cioè la distinzione fra online e offline ormai non ha più senso di esistere. Tagged with → #fbpmi • Facebook • small business • social media […]

  4. […] Ho letto di recente questa sorta di decalogo – riportato da Peppe Civati in un suo articolo – e ve lo ripropongo (fonte […]

  5. […] Le relazioni online sono come le relazioni offline: poche sono profonde, moltissime sono superficiali, altrettante sono opportunistiche, di maniera o false. —Mafe De Baggis […]

  6. Faccio notare che, per quanto si tenda a rendere internet quotidianità e normalità, ancora una volta si ritrovano a parlarne cultori della materia.
    Internet si vive, o meglio è un aspetto qualsiasi della vita reale, ma io non ho ancora incontrato studiosi della carta assorbente e del detergente intimo che si ritrovano a discuterne.
    Qualcosa continua a non quadrare, o forse sono solo molto fortunato.

    1. Però esistono esperti di libri, televisione o musica, che sono comunque aspetti normali della nostra vita quotidiana, giusto?

  7. […] Ho letto di recente questa sorta di decalogo – riportato da Peppe Civati in un suo articolo – e ve lo ripropongo (fonte […]

  8. Pagine interessanti / interesting webpages (delicious) da marzo 26th a marzo 27th | FridayNet ha detto:

    […] Mafe De Baggis » Mettiamocela via – 12 cose che Mafe De Baggis ha imparato e che non ha più voglia di ripetere. […]

  9. Per la mia tesi magistrale sto producendo un capitolo intitolato molto semplicemente: cos’è un medium? Ci sto riflettendo “a 2 teste” con il mio professore di sociologia Giancarlo Corsi, ed è molto stimolante.. è un termine sulla bocca di tutti proprio per le sue mille sfaccettature: è uno strumento, è un’interfaccia, è un contenuto da scambiare, certamente un luogo, così come qualcosa che “sta in mezzo”..è tante cose. Quando si cerca di definirne tutti gli aspetti ad un certo punto si deve necessariamente ricorrere alle metafore perché il pensiero ad un certo punto si ferma, il concetto sfugge..e come tutte le cose che sfuggono diventano attraenti. Spero ne venga fuori qualcosa di buono, e nel caso lo posterò qui.. ciao!

  10. L’11 è materia controversa: funzione fatica o fagica? Si replica in preda alla semplice logorrea o al desiderio di intrioettare e divorare gli interlocutori stupendoli con la propria suprema prontezza di replica? Non mi pare che tutti i SM siano uguali sotto questo profilo (Facebook è più uguale, twitter tende al rap), ma non c’è dubbio che nuovi linguaggi siano necessari per raccontare storie che possano diventare anche libri…

    1. Io sono ferma alla pragmatica della comunicazione, per me è quasi tutto relazione più che contenuto; né logorrea né introiettamento, vedo quasi solo ping di esistenza di vita.

  11. […] ragione Mafe De Baggis a dire che internet non esiste. Non come “altrove” rispetto alle nostre vite, in ogni caso. Che lo pensiamo come […]

  12. Mi sono ritrovta qui non so come e mi piace la tua posizione su internet e il marketing.
    leggendo il blog mi hai fatto tornare in mente la frase di un libro che ho letto in estate e che mi è piaciuto molto.
    ” Ogni tecnologia porta con sè un mutamento del rapporto col mondo, una facilitazione di certi aspetti di quel rapporto e una complicazione di altri. Ciò è precisamente non neutrale, dal momento che tutto dipende da quali aspetti della vita sono facilitati e quali ostacolati, come il profumo dei limoni. “Il profumo dei limoni – Jonah Lynch”

  13. Ottimo spunto di riflessione. Ma stai parlando di social network non di internet che e’ cosa piu vasta e complessa e spesso e volentieri non prevede interazione umano-umano.

  14. 1. Internet inteso come luogo fisico è una forzatura. Non esiste fisicamente il luogo Internet. Proprio l’ubiquità lo rende così diverso dai normali luoghi che frequentiamo. Una similitudine, se mi è consentita, è con i cellulari: ci donano una ubiquità vagamente simile a quella che ci deriva da Internet.
    2. La rete, così come il telefono, consente di nascondere parzialmente la nostra persona. E consente la creazione di “avatar”, personaggi di pura fantasia che muoviamo come marionette. Questa possibilità era prerogativa di pochi maramaldi. Ora è alla portata di tutti. Certe volte si assiste a dialoghi tra avatar che sono del tutto equiparabili a rappresentazioni teatrali, dato che non hanno alcuna aderenza con la realtà.
    3. Proprio per il punto 2, risulta deformata anche la possibilità stessa di vivere rapporti: spesso si assiste a vere e proprie soap-opera inscenate dagli avatar. Occorre ricordare che non tutti si propongono online in maniera ruspante e genuina (cosa che sembra invece alla base del ragionamento proposto in questo elenco).
    4. e 5. Somigliano all’acqua calda. Credo che la frase “A tool is a tool, a fool with a tool is always a fool” rappresenti perfettamente il rapporto tra Internet ed i cambiamenti. Quello che rende Internet così “dirompente” è che offre la possibilità a molte più persone che in passato di proporre le proprie idee. Con Internet è più facile che certe “fiabe” diventino realtà: lo studente di Torino pubblica la sua tesi online, viene chiamato dal famoso professore in California, fondano una ditta che ha successo, porta una 20ina di suoi amici in California e diventano tutti ricchi e felici. Grazie ad Internet ed alle idee del ragazzo. Le sue idee, senza Internet, sarebbero rimaste nei cassetti polverosi del Politecnico di Torino. Grazie ad Internet hanno fatto la sua (e l’altrui) fortuna. Quindi è utile ribadire il concetto di strumento. Internet è uno strumento. Come un martello. Posso usare un martello per piantare chiodi oppure per spaccare la testa a mia moglie. E’ colpa del martello? :-)

    6, 7, 8, 9, 10, 11 e 12: chirurgicamente precisi e lapidari. :D

  15. La realtà fisica esiste (esistono l’ufficio, il bar e la camera da letto) e se Internet fosse “un luogo perfettamente coincidente con la realtà fisica” allora Internet esisterebbe. II punto 1 è carino e suggestivo ma è errato da un punto di vista logico.

  16. […] non c’è nulla di male. Come Dice giustamente Mafe De Baggis “Gran parte degli scambi che avvengono online hanno natura fàtica, non di trasmissione di […]

  17. La mia esperienza di Internet è completamente diversa. Mi permetto di dare la mia contro-versione dei 12 punti, scusandomi in anticipo per la lunghezza:

    1. Internet esiste. A parte l’esistenza fisica e tangibile di tutta la infrastruttura tecnica, esiste come dimensione parallela alla realtà quotidiana e in cui entriamo e usciamo continuamente. È un po’ come sognare ad occhi aperti e rimanendo coscienti. Quando siamo immersi in Internet siamo temporaneamente assenti dalla realtà che ci circonda, della quale però rimaniamo in ascolto e riceviamo i segnali, pronti a rientrarvi quando squilla il telefono o il campanello oppure quando ci chiama il partner. Pure l’ubiquità è discutibile: anche in Internet possiamo stare in un istante in un solo luogo, solo che possiamo avere multipli canali aperti e spostarci molto velocemente da un canale all’altro e quindi, in ultima istanza, da un posto all’altro: un po’ come il multithreading del mono-processore.

    2. Le conversazioni in Internet sono impostate e condotte in maniera diversa da come si affronterebbero nella vita reale, così come le conversazioni telefoniche sono diverse dalle conversazioni faccia a faccia o come le lettere sono diverse dai discorsi fatti con l’interlocutore davanti. Il canale comunicativo determina il registro del linguaggio e il modo in cui vengono strutturati e trasmessi i contenuti. Per non parlare poi della parte comunicativa non verbale presente nelle conversazioni vis-a-vis e assente in Internet, anche se si sta in videoconferenza.

    3. Per paragonare le relazioni Internet con quelle reali occorrerebbe confrontarne le versioni “pure” ovvero non contaminate le une dalle altre, cosa estremamente difficile sia perché molte sono intrecciate tra loro (contattiamo in Internet persone che conosciamo e magari ne scopriamo nuovi aspetti o che conoscevamo in passato ma avevamo perso di vista e scopriamo come sono cambiate; oppure incontriamo nella vita reale persone conosciute prima in Internet e l’impressione che ne riceviamo può essere confermativa oppure diversa), sia perché si può verificare a livello personale la profondità di una relazione nata online solo quando la si trasferisce anche offline. Finché una relazione rimane solo online non la si può giudicare con i criteri delle relazioni dirette, ma con i criteri di Internet. Ad esempio se un freelance ti consegna sempre il lavoro in tempo è affidabile, ma magari nei rapporti diretti è totalmente inaffidabile e non gli presteresti mai nemmeno un euro.

    4. Per il solo fatto che lo rende possibile, finisce per generarlo, almeno in quanto alla sua affermazione e diffusione. Quante persone hanno iniziato ad usare Internet senza sapere che cosa fosse per il solo fatto che era divenuta disponibile? Poi usandola hanno sviluppato capacità che magari non sapevano nemmeno di avere e attività prima impensabili. Quanto alla generosità o all’essere attivi, non sono talenti ma virtù, non dipendono dalle tecnologie.

    5. Nuove tecnologie sviluppano nuovi talenti. Altrimenti nessuno potrebbe mai superare in talento chi ha inventato o innovato una tecnologia. Invece spesso una tecnologia riesce a produrre nei seguaci risultati totalmente imprevisti ed inaspettati dai suoi pionieri e anche qualitativamente superiori. Inoltre, se il talento fosse antecedente ad una qualunque tecnologia dovrebbe necessariamente essere antecedente a qualsiasi tecnologia, ovvero essere non solo innato ma addirittura sempre uguale a sé stesso, cosa che non credo sia sostenibile. Il talento inteso come capacità di realizzare delle opere cammina e si sviluppa nella storia insieme alle tecnologie.

    6. Dire che il nativo non è consapevole mi sembra una cattiveria gratuita. La nostra generazione è nata con la televisione e la radio, le usiamo inconsapevolmente? Non direi. La verità è che la maggior parte delle persone (di qualsiasi generazione) non è per niente rivoluzionaria e ha poca propensione per l’eroismo e preferisce pensare piuttosto a divertirsi o ad avere successo. E chi è nato con internet non dovrebbe fare lo stesso?

    7. Sento qui odore di snobismo e torre di avorio. Capisco che chi è stato pioniere di Internet faccia fatica oggi ad ammetter che chiunque in Internet è potenzialmente in grado di fare qualsiasi cosa. Ma la risposta non è nella chiusura oligarchica o corporativa. Occorre sempre rimettersi in gioco, anche se cambiano le regole.

    8. Sulla presunta neutralità della tecnologia altri hanno già detto, non è necessario aggiungere molto, se non che uno strumento tecnologico, anche quando risultasse tendenzialmente negativo, può sempre essere usato in maniera positiva, cioè lascia sempre un margine operativo, per cui c’è sempre possibilità di applicare il libero arbitrio, anche se in alcune situazioni è oggettivamente più difficile che in altre. Questa è secondo me la vera sfida del terzo millennio.

    9. Un problema è tale se qualcuno lo avverte. Se lo avvertono in molti allora lo si può considerare un problema generale. Si tratta quindi di un procedimento linguistico: per semplificare si definisce un problema di Internet (in un determinato ambito) quello che coinvolge la maggior parte degli utenti di Internet (in quell’ambito, ad esempio in Italia o in Cina, etc.).

    10. E magari un corso di grammatica internettiana per scrivere correttamente i feeds e i posts… Mi sembra un errore di prospettiva: la sintassi non è una norma predefinita da seguire (a meno che non studi latino e greco per leggere i testi antichi) ma una descrizione per capire il funzionamento già auto-determinatosi della lingua, così come si è sviluppata nell’uso concreto e diffuso. Credo invece che il problema della lingua in internet non sia la sintassi ma la sua semanticità ed espressività, ovvero che deve integrare gli aspetti non verbali presenti nella comunicazione diretta. Quindi è un problema di come la usiamo e di sensibilità dello scrivente.

    11. Tale affermazione, pur sembrando apodittica, non può avere in realtà alcuna base scientifica o statistica perché troppo vasta e ingestibile sarebbe la base da analizzare. È quindi solo una impressione del tutto personale e opinabile e che come tale lascia un po’ il tempo che trova. L’impressione che io ho è che la maggior parte degli scambi si divida tra funzione informativa e funzione utilitaristica, nel senso che si cerca di raggiungere un obiettivo personale, come può essere un’amicizia, un beneficio, un divertimento, un’avventura, un’opportunità, etc. Ma anche questa è una impressione e non può essere dimostrata.

    12. Questa confesso che non la ho capita, mio limite.

    Sperando di aver dato qualche ulteriore spunto alla discussione, dico grazie a chi ha avuto la pazienza di leggere tutto… :)

    Comunque, anche quando non si è d’accordo con Mafe, non si può fare a meno di sottolineare come e quanto non sia mai banale e quale contributo dia al cervello di chi legge i suoi posts.

    Ciao
    Roberto

    1. P.S. Dopo un supplemento di riflessione, posso completare il discorso e dichiararmi in disaccordo anche sull’ultimo punto:

      12. In quanto nuova dimensione (mentale e culturale, ma non per questo meno reale di quella fisica) in cui troviamo nuove forme e possibilità di espressione, Internet è proprio come “un” libro e non come la storia in esso contenuta. Solo che mentre leggendo un libro noi ripercorriamo una storia predefinita da altri e a cui possiamo solo attribuire una personale interpretazione, in Internet la storia la facciamo noi, anzi la Storia siamo noi.

      1. Nel punto 12 non parlo di Internet, parlo proprio del libro, di cui molti piangono l’imminente scomparsa.

    2. Mi piacciono molto i tuoi contropunti, non riesco a vederli in contraddizione ai miei, li vedo più come un’estensione.

  18. Veramente interessante. In ogni caso quando si cerca di imbrigliare qualcosa in un sistema chiaro, conciso e accattivante, si offrono spot semplicistici o sistemi filosofici restrittivi. Mi è piaciuta la lettura e mi ha stimolato, ma siamo ancora troppo “giovani” per capire cosa vuol dire internet. Troppo vicini alla sua nascita. Dentro la sua nascita. E quindi imparziali.

    1. Diamo per scontato che la fine del libro (del libro di carta) sia la fine della narrativa, quando sappiamo da sempre che è la storia (il contenuto) a contare, non il supporto.

  19. a proposito del punto 2 “In Rete non ci sono conversazioni diverse, è che ascolti le conversazioni di persone molto diverse da te.” io credo che in realta’ si creino davvero conversazioni diverse: sto pensando a tanti thread stupendi che leggo su Reddit oppure su 9gag o alle ondate di meme. Sono conversazioni che prima non esistevano (e che non era possibile ascoltare): un cozzare fecondo fra telenti abilitati che produce spirito, per la maggior parte volto al LOAL* oggi, e, domani, chissa’…

    * LOAL: il “ridere per ridere”, il sogghigno sull’episodio del giorno, del mese. difficile da definire.

    1. uhm, non so. Ho passato notti intere a sparar cazzate per il LOAL anche prima di Internet. La differenza è che adesso puoi partecipare anche a quelle delle persone che non conosci, questo sì.

      1. Ci ho ripensato: con i pochi amici offline che mi restano le faccio ancora, le serate per il LOAL.

  20. Cara Mafe,
    una piccola considerazione, sincera e non provocatoria: ma la necessità espressa al punto 10 (“serve una nuova sintassi”) non contraddice il punto 9 (“Se qualcuno – anche competente – ti spiega con dovizia di particolari i problemi di Internet, ti sta raccontando i suoi problemi con Internet”)?

    1. Sì, può darsi, anche se una nuova sintassi è uno strumento in più, non la soluzione a un problema. E sicuramente il punto 9 vale per me come per tutti.

      1. Sono d’accordo. La mia domanda nasceva proprio dal fatto che concordavo con entrambi i punti. In fondo, la complessità di internet deriva anche dalla sua tendenza ad auto-definirsi e a intraprendere nuove strade senza che possa essere direzionato e definito; ma vero è che, come dici tu, una nuova sintassi è un meta-strumento; e che ce n’è bisogno.

  21. Partendo dall’intervento di Psylo e assumendo che il concetto fondante è la relazione, fin dall’inizio della vita, la relazione collaborativa fra cellule diverse, e che la tecnologia è parte integrante di questa relazione, agendo nella stessa linea evolutiva dell’essere umano e della società, però qualcosa è cambiato con il passaggio al mondo digitale, soprattutto con la diffusione del personal computer e di internet. Se ogni rivoluzione del pensiero e della tecnica poggia sempre sulle convinzioni che supera, se il modo digitale è vecchio tanto quanto il tentativo di semplificare la ricerca della verità affidandola ai numeri, la percezione generale però è che sia cresciuto un partner (chiamiamolo così per comodità) nuovo e invadente. La crescita delle relazioni è cresciuta in modo continuo, dall’invenzione del linguaggio ai social network, ma ora ha una visibilità tale nei rapporti fra le persone che porta ad accorgersi di essa e a chiederci come ci cambierà, senti che riguarda da vicino la tua vita attuale. Questo è il motivo di questa discussione, il motivo del “luogocomunismo internettiano”, il motivo di prese di posizione pro e contro, nei blog di esperti come nei salotti di amici e nelle piazze. La tecnologia è entrata nel quotidiano della gente in maniera molto più veloce della possibilità di avere coscienza delle sue conseguenze. Non è forse vero che non se ne è mai parlato tanto per amarla, odiarla, entusiasmarsi, diffidare? Anche la televisione entrò nelle case di tutti, ma questa tecnologia che entra nelle case, a differenza di quella, permette anche di relazionarsi col mondo, non solo di vederlo. Per questo io posso parlare con sconosciuti di cose che mi interessano che non potrei condividere con la maggioranza dei miei conoscenti. Dunque…dove volevo arrivare con questo discorso? E’ che mi ha colpito il finale della risposta di Mafe, quel “costruiamoci qualcosa su” che è insieme un proposito e una grande domanda. Non credo che la sfida sia solo, come dice Psylo, capire e descrivere l’aggregato, credo che la sfida sia costruire forme in cui sia proprio l’aggregato a poter capire se stesso. Una possibilità che questa tecnologia “abilita” è il superamento della divisione fra il pensiero di elite di esperti e il pensiero che parte dall’esperienza, il superamento della divisione fra discipline per cui l’esperto in un campo parla con i colleghi in quel campo, insomma…abilita all’unità della cultura, negata da due secoli, soprattutto in Italia. Qualcuno potrebbe dire Wikicrazia, qualcuno nuovi socialnetwork, o forme di condivisione che partendo da un campo si allargano agli altri cercandone la connessione. Qualcun altro…non so…anche la creatività è abilitata.

  22. Complimenti Mafe per la tua incredibile sensibilità nello scrivere. Sottoscrivo ogni singola parola di questo meraviglioso articolo che avrei voluto scrivere io stesso.

  23. Applauso anche da parte mia. Post intelligente e acuto, una “analisi” perfetta. Prima di mettermi a discutere se Rete o rete, se Internet o internet, mi godo i diversi punti esposti tutti centratissimi- E grazie ad alberto cane blog che mi ha rimandato qui.

  24. Maffe, analisi semplicemente geniale. Poi possiamo discuterci sopra quanto vuoi ad ogni singolo punto. Ma lo spunto merita un applauso :-) bravissima!

  25. come diceva il critico di Ecce Bombo, ‘apprezzo lo sforzo’. E decisamente approvo la scelta del bersaglio (il luogocomunismo internettiano).

    Però che semplicistico ridurre il tutto ad una dicotomia banale (e oramai ampiamente sconfessata, almeno nei luoghi ove si suol pensare) come quella tra ‘tecnologia che determina’ e la ‘tecnologia che consente’… Eppure leggendo la prima riga pensavo si procedesse molto più radicalmente. L’equiparazione di internet alla realtà fisica è un ottimo punto di partenza, però non basta. Se vogliamo esser radicali (stalinisti indeed) dobbiamo finalmente sfatare la falsa opposizione tecnologia neutrale/tecnodeterminismo. La tecnologia, come dicevano (o dicono) Heidegger, Simondon, Latour e altri infinitamente meglio di me, è parte di noi come noi siamo parte di lei, nel senso che noi nasciamo come esseri viventi in quanto siamo inevitabilmente in relazione con la tecnologia. Ancora più corretto sarebbe dire che noi non siamo altro che questa relazione. In parole povere: noi non viviamo in una sfera separata dal mondo, dagli altri, dalle cose, dalla tecnologia. è solo entrando in rapporto con le cose che possiamo esistere. Per concludere dunque: non esistendo separati-dalla tecnologia, non possiamo nè controllarla a nostro piacimento (l’idea che la tecnologia sia neutrale è assurda: con essa noi cambiamo con noi essa cambia: è la relazione che evolve), nè può essa determinarci (idea altrettando assurda). La sfida è capire, e tentare di descrivere dunque, che tipo di aggregato è quello che nel 21imo secolo si è venuto a formare, ed di cui internet è elemento (parte) ovviamente integrante.

    1. Psylo, ti ringrazio tantissimo: aiutami ad approfondire il discorso nella direzione che indichi, io dopo un po’ non ho più gli strumenti. È esattamente per questo che ho sintetizzato questi punti: una volta che siamo d’accordo che queste sono le basi (il buon senso) costruiamoci qualcosa su.

      1. ciao! non sono così presuntuoso da indicarti la via, non sia mai, e ci vorrebbe un pò di tempo per affrontare il discorso approfonditamente… però di sicuro il pensiero degli autori che ti ho citato (più ad esempio Leroi-Gouram et similia) riguardo alla tecnologia lo trovo (e lo troverai di sicuro) affascinante ed utile…

  26. Estremamente interessante. Sul punto 1 io penso internet sia un non luogo. Non ti ci rechi come in ufficio, al bar, in camera. Ci sei in ufficio, bar, camera. Il moto a luogo diventa moto perpetuo vista la possibile ubiquità.

    1. Il “Nonluogo” per definizione è uno spazio in cui milioni di individualità si incrociano senza entrare in relazione l’un l’altro. Internet è prima di tutto relazione. Questo credo dia valore al punto 1, ma con alcune riserve: non credo che Internet sia un luogo che venga a coincidere con la realtà fisica così direttamente. Credo piuttosto nella necessità di usare l’aggettivo “virtuale” inteso come luogo contenitore di tutte le potenzialità da cui può scaturire l’essere nella sua entità fisica.
      Probabilmente “In Internet” è un complemento di stato in luogo fisico, e di moto a luogo virtuale.

  27. Chissà perchè sono contento che sia una mente femminile ad incoraggiare con tale chiarezza un pensiero laico nella guerra fra tecnoentusiasti e tecnoscettici. Non dev’essere un caso. Ma forse non riguarda tanto l’argomento quanto un vizio culturale che tutta la comunità si porta dietro da tempo, ben prima di internet, specialmente in Italia. Un esempio che colpisce: negli USA, Jaron Lanier considera Kevin Kelly un tecnototalitario, ma ciò non gli impedisce di scrivere sul retro di copertina dell’ultimo libro di questi che considera il suo libro bello e necessario. Da noi c’è un dibattito così aperto e profondo? Perchè temo che, proprio insito nello spirito della tua lista (bella oltre che condivisibile) scritta per mettere in chiaro delle cose, ci sia il fatto che non si possa liquidare più niente come acquisito una volta per tutte. Sul punto 6, ad esempio, vorrei dire…siamo sicuri che i nativi siano miracolati, che non possa servirgli uno scambio con chi è stato a cavallo di due secoli e ha visto contemporaneamente due storie? Serviranno pure dei traghettatori…
    Grazie, buon lavoro

  28. E come sempre in un blog le cose più interessanti da leggere sono i commenti al post più che il post stesso. A che punto la mettiamo questa considerazione? Tutti d’accordo con l’apologia di Internet (maiuscolo, certo) davanti ad un monitor, chissà se di fronte ad un caffè la penseremmo allo stesso modo.

  29. Belle parole. Le solite chiacchiere di chi non parla di programmazione informatica e del prodotto Rete. Senza offesa, ma è giusto che ognuno esprima il proprio punto di vista. D’altronde, le conversazioni in rete sono democratiche no? Saluti!

  30. L’unica vera differenza che tu citi nel punto 1 non e’ affatto trascurabile. Essere ubiqui e/o invisibili (rispetto alla realta’ fisica) equivale a trasformare completamente la esperienza che abbiamo della realta’ stessa e quindi la realta’. Non lo dico io ma la fisica quantistican con il suo principio di indeterminazione. Esserci significa modificare.
    Es. Se i poveri ragazzi della strage di Oslo avessero avuto la proprieta’ di “ubiquita’ e invisibilita’” la realta’ fisica di Breivik oggi sarebbe un tantinello diversa. Non trovi?

    Altri punti del dodecalogo sono in modo analogo abbastanza discutibili.
    Il supporto della conversazione determina qualita’, contenuti e sintassi della stessa. In Internet non ci sono conversazioni diverse? Diverse da cosa? Le conversazioni epistolari non si differenziano forse da quelle verbali?

    Riferirsi alle relazioni sulla base delle categorie che hai utlizzato per affermare che esse non si differenziano tra modalita’ on-line e off-line equivale piu’ o meno a dire che la specie umana non si differenzia da una scimmia. Cosa vera ma totalmente inutile sia come punto di partenza che come punto di arrivo.

    Insomma, ‘sto “dode” mi sembra alquanto fa’tico.
    Saluti.

    1. Pifo, il mio punto di vista (altrettanto valido del tuo) è che il supporto non determini, ma consenta. Se vuoi un confronto su questo tema volentieri, se vuoi convincermi che hai ragione tu meno.

      1. Il supporto consente e determina forme e contenuti, perche´ forme e contenuti sono influenzati dalla sua fruibilitá e diffusione.
        Prova a sviluppare Wikipedia con un telegrafo senza fili e con solo un codice binario a disposizione.
        Il mezzo televisivo non ha solamente consentito la diffusione di un linguaggio che era in potenza ma ne ha determinato la nascita di uno nuovo, quello televisivo appunto.
        I punti di vista sono tutti legittimi (nei limiti etici chiaramente) ma non tutti egualmente “validi”. In particolare le opinioni analitiche … vanno validate.
        Non mi interessa convincerti mi interessa solo esprimere forti e argomentati dubbi su quanto affermi. Me ne hai data la possibilita´, ti ringrazio, punto. Saluti.

    2. Mi intrometto qui. Mi piace, mi serve che ogni tanto qualcuno arrivi e faccia- di nuovo- il punto.Soprattutto se è qualcuno che personalmente non conosco e mi allarga un po’ la mente. Questo è un’aspetto di internet che ha a che fare con esperienze diverse qui dentro, che poi è come andare in un bar, ma nel bar non hai questo tipo di scambi. Perché c’è- nel bar- il corpo e siccome noi siamo fatti di corpo, anche, non lo si può prescindere. In nessun modo. Sul resto concordo. Grazie comunque.

      1. No, non credo vada considerata così. Si tratta invece di un invito a riconsiderare la portata di certe esternazioni alla luce della negata validità dell’altrui punto di vista.

      2. Daniele, perdonami, non ho capito niente: un invito a me? Quali esternazioni? Il punto di vista di chi? Tuo? Di Nico?

      3. Molto interessante davvero. Mi ha fatto sorridere il punto 11, perché penso che anche nella vita fuori dalla rete la maggior parte degli scambi è di natura fatica!

  31. “La tecnologia abilita il cambiamento, non lo genera: una persona che non ha niente da dire o da dare non diventa attiva e generosa solo perché può farlo. Spiegarglielo un’altra volta e un’altra volta è come spiegare una barzelletta se uno non ha riso la prima volta che l’hai raccontata.”

    Spesso c’è chi si affida ad Internet come se fosse il Santo Graal, la panacea per ogni cosa… …non capendo che internet è un mezzo… non un fine.

  32. Generalmente condivisibile. Il punto 9 tuttavia è errato, partendo dal principio che un’oggettività soggettiva non sia possibile. Internet ha dei grossi problemi, e di grossi ne pone, giuridici, per esempio.

  33. […] De Baggis riassume in dodici punti alcuni concetti base che dovrebbero essere ben chiari nella mente di chi ha a che […]

  34. La vera differenza rispetto alla “vita vera” è che ci permette di fingere essere “facilmente” qualcun altro mentre nella realtà le bugie hanno le gambe molto più corte.
    Io ho conosciuto su Internet persone brillantissime, con un eloquio raffinato, colto, tagliente che si sono rivelate dal vero degli imbranati balbuzienti con lo sguardo fisso alla punta delle scarpe.
    Il social networking sta minando un po’ questo territorio. Su Facebook essere qualcun altro da se stessi è difficile, recitare una parte quando hai nei contatti il tuo amico d’infanzia che ti ha visto piangere per le ginocchia sbucciate è dura.
    E pure sul fatto che non sia in se causa di cambiamento avrei da dire. L’e-commerce, le recensioni sui venditori, il baratto, le aste, la posta elettronica, le chat… sono tutte cose che hanno rivoluzionato la vita di chiunque, più o meno come la telefonia cellulare.

    1. la persona che argomenta benissimo per scritto e alla tastiera mentre fa fatica ad esprimersi a voce e di persona e’ sempre la medesima.
      Ne ho conosciute un sacco anche prima di internet, erano quelli che facevano casino alla ricreazione e appena andavano all’interrogazione si bloccavano. dove sarebbe la bugia?

    2. Mi sa che tu confondi essere introverso con far finta di essere qualcun altro. C’è chi ha la parlantina e chi ha la scrittura facile.

  35. non credo nel 2. – in realtà ascolti persone distanti da te, ma generalmente non diverse.

    (poi io non sopporto “abilita”, ma questa è un’altra storia)

  36. aggiungerei un punto: il web è ridondante. Così come lo è il post: nulla di nuovo sotto il sole per chi è “esperto”, nulla di utile per l’utente medio. E poi, internet non è il web. Ma anche questo è noto e risaputo…

  37. E come la mettiamo con il mezzo che è anche il messaggio?
    Secondo me la tecnologia, e le nuove opportunità che porta può far emergere nuovi talenti, che riescono a esprimersi con essa quando con altre non riuscivano perchè poco affini o troppo complesse (es. quanti fotografi in più sono “nati” con la fotografia digitale?).
    Inoltre la tecnologia porta con sè aspetti specifici che possono piano piano anche cambiare il modo di vedere il mondo (es. è vero che su Facebook si commenta X-Factor, ma innovazioni come ad esempio il televoto non hanno forse cambiato il modo di rapportarsi con la tv?).

  38. Riferito al punto 7 “Colmare il digital divide non vuol dire far diventare tutti professionisti.” Potrebbe essere vero, magari auspicable… ma forse è tardi: sia a causa della propagazione del medium, che pur non esistendo è assai più estesa di tutti i suoi predecessori, che della sua apparente facilità di accesso e quindi di possesso, da cui consegue che “tutti” si percepiscono ormai da tempo, a ragione o a torto, già “professionisti”.

      1. Volevo aggiungere “rende possibile”, poi mi è venuto in mente che già c’era stato, così l’ho tolto, ma -tonto io- ho tolto solo una parte della frase e il bottone di pubblicazione era lìlì comodo che alla fine ho fatto la cretinata di postare un commento a metà… Sorry!

  39. “La consapevolezza dei significati di un medium (di qualunque medium) appartiene a una minoranza di professionisti. Colmare il digital divide non vuol dire far diventare tutti professionisti.”

    ho dovuto rileggere un pajo di volte. quindi ho capito di essere digitalmente non dico analfabeta, ma tendente all’ignorante.

    e poi ho riso : D
    grazie per il bel post.

  40. […] Grande post di Mafe De Baggis su internet e quello che non esiste. Lo riprende anche il Post. Tweet(function() { var po = document.createElement('script'); po.type = 'text/javascript'; po.async = true; po.src = 'https://apis.google.com/js/plusone.js'; var s = document.getElementsByTagName('script')[0]; s.parentNode.insertBefore(po, s); })(); Di civati, 24 gennaio 2012 alle 10:50. Nessun commento Commenta oppure fai il trackback: Indirizzo trackback . « Salva l’Italia, a partire dal suolo […]

  41. Bravissima. La Rete è insieme moltiplicatore e disvelatore. Se la scrittura è anche finzione e mezzo per rilevare di sè solo quello che fa comodo, la scrittura in internet mette a nudo questi meccanismi, sottoponendoli ad un giudizio quotidiano e ad un pubblico non predeterminato. E la finzione o la pochezza alla fine emergono.

  42. Sul sesto punto concordo. Ma sono uno strenuo sostenitore della necessità di doverlo dire, che internet è anche uno strumento per la “rivoluzione” (che poi non è questo il termine corretto).

    Un po’ come si insegna ai bambini che leggere i libri fa bene, che non si buttano le cartacce per terra, e così via.
    I cambiamenti sociali iniziano anche da qui.

  43. Siamo sicuri che “Le relazioni online sono come le relazioni offline”? Non è un po’ eccessivo? Non credo che le relazioni mediate – da un qualsiasi medium – siano come quelle faccia a faccia, mano a mano, spalla a spalla.

  44. 10 e 11 sono le mie preferite: la 10 perché riconosce una specificità che va trattata come tale e la 11 perché usa criteri esistenti e pertinentissimi per definire qualcosa che qualcuno giudica indefinibile.

  45. Sintetico e bello.
    Voglio una spilletta con l’undicesimo punto. Lo sostengo da quando capisco qualcosa di media digitali (quindi da ieri), ma non sono mai riuscito a spiegarlo a me stesso così bene.

  46. Molto molto interessante e ben scritto (bella anche la piscina, en passant). Si può avere un po’ più di luce sul punto 10?

    1. Le regole della grammatica e della sintassi tradizionale – che io cerco di rispettare religiosamente, sia chiaro – non sempre sono adatte a rendere il senso di un discorso che è più parlato che scritto.

  47. Concordo e sottoscrivo.
    Soprattutto i primi 4 punti. E il decimo.
    “Non esiste un dentro e un fuori, un virtuale così virtuale da essere tanto lontano dalle nostre vite reali da non provocare nessun effetto su di esse. Al contrario, siamo tutti sia dentro sia fuori… L’online, i mondi metaforici e quelli virtuali (che dovremmo smettere di chiamare così, cercando una parola diversa meno lontana da noi) stanno forzando costrutti culturali in cui tecnologia, corpi e società si incontrano per definire forme ibride di realtà che si incrociano e sfidano le frontiere ontologiche dei nostri significati….”.
    (G. Granieri, Umanità accresciuta, Editori Laterza).

    1. Non ho niente da dire. Se non che mi è capitato l’occhio sulla ta foto. E’ sono stato spinto a scrivere questo commento idiota. Vorrà dire qualcosa?

  48. Per quanto ancora prevarrà il pensiero trascritto? La combinazione video + smartphone/tablet alla lunga renderà anche la rete un mezzo “televisivo”, temo.

    1. Non so, per ora la social tv sembra andare nella direzione contraria, rendendo visibili i commenti alle trasmissioni. Anche su YouTube i commenti sono in gran parte testuali, è un bel po’ che sento dire che cambierà, ma non vedo segnali rilevanti in tal senso.

      1. Tumblr? Pinterest? entrambi si muovono fortemente su una comunicazione per immagini e superano la scrittura testuale..

      2. Vero, ma il testo è comunque sempre presente, magari anche solo come microtesto (il nome, le pinboard, i commenti). Sono la prima a pensare che dobbiamo uscire dalla “dittatura della lettura” (per citare gallizio) ma finché ci sarà una tastiera la useremo (sarà Apple a capire il momento giusto per togliercela ;-)

      3. Anch’io penso alla Rete (che concordo nello scriverla maiuscola) sia basata sul testo. Video o audio, almeno per qualche anno altrove, saranno una componente estensiva. Ma per cercare, per descrivere, per commentare, ecc. usiamo la tastiera. Da qui il “power to the keyboard” con cui mi piace descrivere la Rete di questi anni.

        E comunque bel post Mafe ;)

      4. Sul punto 10, e il fatto che internet sia fatto da parole scritte, mi interrogo da tantissimo tempo.
        Non credo che la parola o, come ben dici tu, il pensiero trascritto rimarranno per sempre. Il fatto è che la maggior parte delle persone non è interessata a leggere nè a scrivere. Per molti è assai più invogliante guardare dei video (vedi il successo dei videoblogger o delle fashion blogger, ad esempio). Dovremmo dire che per ora internet è scritto, poichè la tecnologia è andata, per ora, per forza di cose, in questa direzione.
        Non so, a me sembra già anacronistico il fatto che stiamo ancora a picchiettare le dita su dei tastini o su degli schermi touch screen. Non so come evolveranno le cose. Ma l’unica alternativa credibile che mi viene in mente – ma è fantascienza, ed è solo un mio trip – è che in futuro saremo collegati a internet senza alcun device, semplicemente col pensiero.

        p.s. Un post stupendo.

      5. ehi, io non ho scritto “per sempre”, anche se è vero che ho un po’ forzato l’indicativo presente :-)

        Come ho detto in altri commenti credo che la parola scritta rimarrà prevalente finché avremo una tastiera e mi piacerebbe tantissimo poter curiosare negli appunti di Apple in proposito :-)

        (grazie)

  49. Tutto giustissimo e da condividere, brava. Però, a conferma di quello che dici soprattutto nel primo punto, internet dev’essere scritto minuscolo ché è appunto un luogo come la cucina o un mezzo come il telefono.

      1. Si può dire Terra e Luna, o terra e luna. Dipende dall’intensità dell’uso del sostantivo. “Vado sulla Luna, solo nei giorni di luna piena” è, credo, condivisibile, e aiuta anche perché la Luna e Internet non sono per nulla come la cucina, oso dire, a meno che si sia degli inguaribili barocchi, nel qual caso si direbbe suppergiù “imperciocché si principia al cominciamento della preparazione del Regal Desco, devesi debitamente entrare ne la Cucina”.
        Provocatoriamente, per Internet potrebbe essere osservata la regola per la quale, se la connessione è su, si usa la maiuscola; diversamente, in modo sprezzante “internet è giù”.
        Il punto è che il lemma in questione è generico e intensivo allo stesso tempo: “supermercato” non è mai, come ovvio, maiuscolo, perché nome generico, mentre “Ipercoop” ha caratteristica di “intensività” (lo usano solo i medici, non è vero italiano, ma mi serve per rendere l’idea), e quindi va maiuscolo. Internet (notare l’uso dell’iniziale di frase per mascherare la scelta) sta a metà. Forse andrò avanti su questo tema nel mio blog, forse.

      2. Si deve scrivere Internet piuttosto che internet per identificare se stiamo parlando della rete mondiale o della rete domestica della propria casa che usa gli stessi protocolli di comunicazione.

    1. Non sono assolutamente d’accordo. Internet è rigorosamente maiuscolo, poiché è l’internet (cioè l’interconnessione di reti diverse) per antonomasia.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.
Tutti i campi sono obbligatori.

Puoi usare questi tag e attributi HTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>