Parliamo spesso, genericamente, di grandi numeri, o, come usa dire, di big data. Quello che fatichiamo a capire quando ne parliamo è che quel «grandi» non è un aggettivo messo lì a caso: i big data sono grandi davvero, non abbiamo mai avuto descrizioni quantitative così enormi dei comportamenti umani. Ne fa un ottimo uso Pinker nel suo «Il declino della violenza» per raccontare un mondo molto diverso dalla nostra percezione immediata, un mondo cioè sempre più pacifico e in cui il rifiuto sociale della violenza cresce, rendendo quindi più facile combatterla (ma anche spaventarsi).
Ne fa un buon uso quotidiano anche un bravo community manager: quel che i numeri dicono di una piattaforma permette di identificare immediatamente e con chiarezza i problemi futuri e le opportunità da coltivare. Un bravo community manager è qualcuno che usa questi dati non solo per fare meglio il suo lavoro quotidiano, ma anche per aiutare i designer a prendere decisioni che non potranno che essere impopolari perché colpiranno, dritto al cuore, proprio quei comportamenti sparsi che, visti tutti insieme, pregiudicano il buon andamento di una piattaforma. Comportamenti che in sé possono non essere sbagliati, ma che lo stanno per diventare, oppure mancanze che fino a un minuto prima erano irrilevanti, ma che stanno per fare la differenza. Credete che sia un caso che Instagram e Twitter si siano precipitate a introdurre o migliorare i messaggi privati?
La piattaforma con il community manager più bravo nell’uccidere il difetto nella culla è, da sempre, Facebook. Che fossero i troppi lanci di zombie, l’eccesso di app nelle tab, l’effetto giardinetti dei profili privati e oggi l’uso editoriale delle fan page, in Facebook sono bravissimi nell’eliminare via software i comportamenti che pregiudicano il funzionamento complessivo del sistema, fatturato incluso (ma non solo). Ogni volta si incazza un sacco di gente e probabilmente con questo post farò incazzare un sacco di gente anch’io, ma vale la pena di dirlo: una piattaforma di social network non è un distributore gratuito di annunci pubblicitari o lanci stampa. Se non vi piace che ve lo imponga Facebook, lasciamo di nuovo parlare i dati:
According to a Financial Times survey, 91% of businesses report that social media has no real impact on their sales. And Gallup’s 2012 Mobile Retailing Study found that 62% of customers feel that social media has no influence on their purchasing behavior.
(…)
The primary reason current social media strategies don’t work is that businesses approach social media just like they approach traditional media like TV, radio, and print — they advertise. They want to get their message to consumers, so they broadcast it to all available eyes and ears.
Ryan Darby, Ph.D., is a Research Manager at Gallup.
A Facebook non sono simpatici, quindi lo dicono brutalmente (e non da oggi): se vuoi usarmi per fare broadcast, usami come usi tutti gli altri media, compra spazio pubblicitario. Io sono un po’ più piaciona, e provo a dirvelo con gentilezza: il social media marketing non è pubblicare quello che interessa a voi sui social media, non prendetevela con uno strumento se non ve lo lascia fare, anche perché comunque fatto così serve veramente a poco.
[…] Il medico pietoso – Mafe de Baggis – non abbiamo mai avuto descrizioni quantitative così enormi dei comportamenti umani […]