Alla fine di un workshop di co-design un cliente mi ha chiesto “quindi per te senza format non c’è audience?“; in realtà lui aveva detto “target”, parola che non amo molto perché ormai imprecisa, retaggio di un periodo in cui avevamo pochi dati e di grana grossa.
Oggi non solo abbiamo la possibilità di avere più dati sui nostri clienti ideali, ma soprattutto possiamo alimentare questi dati usando i contenuti per profilare meglio le persone raggiungibili con il nostro sito, possibilmente tracciate con il pixel di Facebook.
Perché un format per i contenuti?
In una situazione di apparente affollamento di offerta informativa e di intrattenimento non basta che il contenuto sia interessante, ben scritto, utile o divertente: è bene ridurre al minimo l’impegno necessario per usarlo e soprattutto per riconoscerlo. Non sto parlando di impegno per leggere, capire o guardare, ma di usabilità: posso benissimo osare e proporre contenuti stimolanti, ma più oso più devo curare la qualità dell’esperienza. Per questo dico che l’affollamento è apparente: abbiamo tantissimi contenuti, ma un’offerta scarsissima. Bruce Springsteen cantava 57 Channels (And Nothin’ On) e non è cambiato niente, solo un paio di zero dopo il numero.
Progettare un format, parola che possiamo tradurre con schema e/o taglio, significa fare una volta per tutte il lavoro di progettazione dell’esperienza del contenuto, per poterlo replicare preoccupandoci solo delle informazioni. Se chi ti segue ritrova ogni volta lo stesso schema avrà molte più energie per i contenuti.
Ma intendi un format grafico?
No, o meglio non solo o non per forza. Ecco un po’ di esempi di format puramente linguistici o di comportamento, più un taglio editoriale che una soluzione tecnico/grafica:
- iniziare sempre con una sintesi di tutto quello che è già stato detto sull’argomento
- citare solo esempi positivi
- usare esempi negativi ma per mettere in evidenza cosa abbiamo potuto imparare
- usare citazioni da film o da libri per parlare di argomenti tecnici
- scrivere solo se si ha qualcosa da dire (questo è molto raro!)
- selezionare gli articoli più interessanti per conto dei lettori
- ebbene sì, anche la polemica, l’invettiva, l’oltraggio sono format (di magia nera, però)
Quando riusciamo anche a trovare un format grafico o tipografico, meglio; un buon esempio di format semplice da realizzare e molto efficace è questo usato da Trentino Cultura per i tweet di elenco delle attività:
Gli eventi da non perdere oggi in Trentino:
? Zoologia fantastica ➡️https://t.co/zrDPguj4hR
? Incontro
? 18.00
? @Museo_Rovereto pic.twitter.com/Qd0IyGC7o4— Trentino Cultura (@CulturaTrentino) May 26, 2017
A volte un format da solo ti permette di posizionarti con contenuti già molto diffusi; pensate a Tasty e all’idea di riprendere le ricette dall’alto. Un format perfetto per chi non sa cucinare e che risolve anche il problema del set per le riprese e del volto di chi prepara il cibo.
Vale solo per i contenuti?
No, per niente, anzi: i format più utili sono quelli che ti permettono di dare forma a iniziative complesse. Ti do un paio di esempi di format che ho ideato, testato e messo a punto con i miei clienti:
- Un incontro tra una persona famosa e i suoi fan con una buona presenza in rete (usato per la prima volta con Jeremy Rifkin a Roma nel 2009, eravamo tutti emozionati, pure lui)
- la copertura di un evento con un social media team sia organizzato sia spontaneo (usato per la prima volta a Pietrasanta per Anteprime nel 2010)
- la creazione di un piano editoriale condiviso per mettere insieme le forze degli operatori turistici di una destinazione (in test adesso).
Come faccio a trovare il mio?
- parti da chi sei, dal tuo stile e da quello che sai fare bene
- prepara un piano editoriale di massima (cioè: va bene anche se scrivi su un foglio a matita le cose di cui vuoi parlare)
- scegli i tre argomenti per te più importanti (o piacevoli) e il taglio che puoi dare per renderli solo tuoi.
- fai delle prove, sia di realizzazione (per capire se è sostenibile) sia di gradimento (nell’arco di un paio di mesi)
Un po’ di idee per format altrui
Per esempio, partendo dai partecipanti al corso di Personal (love)branding:
- se sei una psicologa del lavoro che propone servizi alle startup un buon format per te potrebbe essere “Prima di iniziare”, una selezione delle buone pratiche per partire bene in qualsiasi campo (dalla cucina alle vacanze allo studio al sonno al fare l’amore)
- se vendi servizi per organizzare meglio la propria vita in modo creativo un buon format è “Life Hacks”, una selezione di idee salvatempo trovate in rete, meglio se intervallate da idee solo tue.
- Se sei una copywriter che ha come punto di forza la metodicità potresti rinominare gli strumenti per scrivere, organizzare i contenuti o fare piani editoriali con nomi alternativi, magari facendo uno screenshot e scrivendo il nuovo nome a penna.
- Una giornalista di moda che ama le cose strane dovrebbe pubblicare solo queste e non parlare d’altro o in altro modo
- una editor specializzata in comunicazione del territorio potrebbe dedicare le tue energie nella selezione e sintesi dei paper interessanti sul tema
- una grafica che fa gioielli con le proprie mani potrebbe usare i composit per visualizzare il suo fantastico mondo interiore, per rispondere alla domanda “Ma come ti vengono certe idee?
- una comunicatrice dedicata al mondo delle eccellenze curare una rassegna di idee diverse dal solito.
- E una cantante? Il format ideale per lei potrebbe essere aiutare chi la segue a visualizzare cosa prova e cosa vuole far provare con la musica.
E per me? Un buon format per me è sicuramente questo: allenarsi a regalare format a chiunque incontri, perché la generosità è il taglio trasversale, quello che sta bene con tutto.