WanderWoman

Quando sei malato concentrarsi solo sulla tua malattia viene naturale, a te e a chi ti sta intorno. Non sei più una persona, diventi la tua malattia, un organo che funziona male, un organismo in difficoltà. Per guarire, invece, devi immaginare qualcosa di straordinario, anche di straordinariamente piccolo.

Qual è la tua canzone preferita?
Heroes, di David Bowie
E hai un progetto bello a cui pensare?
Sì, il giro del mondo.

Questo dialogo è avvenuto davvero in sala operatoria. Mi sono addormentata con David Bowie, pensando al Perito Moreno, il punto da cui vorrei partire per un anno sabbatico. Mi sono risvegliata sorridendo, sia perché due anestesisti straordinari si sono presi cura di me (zero mal di testa o malessere, zero dolore, solo la felicità di essere viva), sia perché, quando sei malata, non devi avere sogni piccoli, ma progetti enormi. Ancora non sapevo che i noduli nei polmoni erano benigni, ma ero felice lo stesso: ero felice perché We can beat them, forever and ever. Perché grazie a un’anestesista intelligente mi sono risvegliata pensando a viaggiare, alla libertà, agli spazi selvaggi e non al drenaggio, alla flebo o al dolore che avrei provato più tardi.

Un motivo per vivere

Quando sei malato concentrarsi solo sulla tua malattia viene naturale, a te e a chi ti sta intorno. Non sei più una persona, diventi la tua malattia, un organo che funziona male, un organismo in difficoltà. Per guarire, invece, devi immaginare qualcosa di straordinario, anche di straordinariamente piccolo.

A settembre ho ordinato un paio di ballerine bianche, che per una serie di problemi sono arrivate tardi, e doppie. Più il drenaggio mi dava fastidio, più io pensavo a quel momento di pura poesia, quando arriva la primavera e ti togli le calze, il mio momento preferito dell’anno. E pensavo che quest’anno avrò le mie ballerine nuove e, avendole doppie, potrò regalare l’altro paio alla mia sorella ritrovata e potremo camminare insieme, a lungo e a passo veloce, come facciamo sempre.

Voglio vivere perché voglio vedere Viola e Zeno crescere e diventare due adulti straordinari, rispetto ai bambini e ai ragazzi straordinari che sono e sono stati. Voglio invecchiare con Filippo, ma non troppo, a meno che non si possa invecchiare bene e viaggiare a lungo. Voglio liberarmi delle case del passato e abitarne di nuove. Voglio liberarmi del passato e vivere la mia vita senza recriminazioni.

Voglio viaggiare, sia da pellegrina viziata quale sono diventata, sia tornando a essere un po’ più sobria, perché certi posti al mondo li vedi solo se hai un bagaglio leggero (e un letto scomodo e magari niente caffè a colazione o niente vino a cena).

E quando sono tornata in camera, dalla sala operatoria, e mi hanno detto che non avevano dovuto fare la lobectomia, ma solo una piccola resezione, perché era un granuloma, non un tumore, non ho pensato alla gioia di tornare a casa (che c’era), non ho pensato alla fine di un incubo (che sarebbe arrivata più tardi con il referto definitivo e che ancora non ho del tutto registrato, non nel profondo), ho pensato “e adesso devo trovare i soldi per il mio anno sabbatico e, appena posso prendere un aereo (devi aspettare un mese), volare via”.

Volerò via tra dieci giorni? Non credo, però il mio motivo per vivere è quello. Lo era anche prima, che è un bel che parlo del mio bisogno di vagabondare, che mi sento una WanderWoman, una novella Jane Dieulafoy, ma prima era un sogno. Adesso deve diventare un progetto, magari irrealizzabile, ma concreto.

Visualizzare quello che vuoi far accadere

La psiconcologia, cioè l’insieme di tecnica psicoterapiche pensata per affiancare e potenziare le cure antitumorali, si basa su una serie di tecniche che sono fondamentali anche per affrontare malattie meno gravi (come le mie) o dell’anima. In questo campo meglio evitare equivoci: ci tengo a sottolineare che sono tecniche complementari alla medicina tradizionale, non alternative; se ti interessa sono in gran parte basate sulla PNEI, cioè la Psico Neuro Endocrino Immunologia.
Una delle basi del metodo Simonton, quello che sto usando io, è la visualizzazione.

I, I wish you could swim
Like the dolphins
Like dolphins can swim

È l’inizio di Heroes, giusto? Quando la ferita mi faceva più male immaginavo di nuotare. Io nuoto male e piano, a rana e solo in mare. La prima cosa che ho provato a fare, tornata in camera, è stato il movimento del nuoto a rana, perché avevo paura facesse male (e invece no). Poi ho chiuso gli occhi e ho visto il mio mare preferito, in lontananza la boa. Non è facile vederlo davvero, all’inizio puoi anche solo immaginare, perché il cuore di tutto è quello. All’inizio mi bastava immaginare (ricordare) il piacere di nuotare. Poi ho aggiunto i pesciolini, quelli che a riva ti mordono le caviglie, e li ho immaginati al mio fianco, che mordicchiavano la cicatrice e la pelle tornava come nuova. Poi ho visto un delfino che mi nuotava a fianco e giocava con me. Poi sono diventata un delfino e all’improvviso nuotavo benissimo, velocissima, liscissima e senza dolore, perché l’acqua portava via tutto e il movimento rinforzava il mio corpo, i tessuti tagliati, il polmone ferito, la pleura invasa.

Léa Dubedout

Ho collegato solo adesso, scrivendo, Heroes al mio delfino (che è anche il simbolo della mia città natale). È da un po’ che, per trovare la concentrazione, chiudo gli occhi e immagino di tuffarmi nell’acqua gelata in un giorno molto caldo; così trasformo il lavoro nel piacere del refrigerio, e da lì è tutto più semplice.

Suona un po’ da matti, vero? Eppure funziona, soprattutto contro il dolore e il panico. Mi ha protetto durante la PET, mi ha salvato durante la risonanza magnetica, esami non certo dolorosi, ma dall’esito potenzialmente tremendo. Quando sono in difficoltà vado altrove: su quel poggio alle Lofoten, ovunque ci sia acqua, su un lettino a Savelletri tanti anni fa.

Le tecniche di visualizzazione guidata possono essere allenate, insieme al respiro, con una delle tante app di mindfulness. Io ho imparato che faccio fatica a sintonizzarmi su quelle altrui e che devo inventarle io, cercando di raccontarmi una storia a lieto fine oppure, quando il lieto fine non c’è, in cui posso comunque farcela. Perché qui non stiamo parlando di pensiero magico, ma di un modo per attivare le proprie capacità di guarigione o di accettazione, senza cedimenti.

Though nothing will drive them away
We can be heroes just for one day

Ci sono 4 commenti

  1. Quest’ultimo mese e mezzo ho attraversato la paura e la grande voglia di vivere, gli esami e l’attesa.
    Domani inizio la chemioterapia. Le possibilità di remissione sono molto alte per cui inizio il percorso con ottimismo.
    Ma il percorso che mi porterà alla guarigione l’ho già iniziato: progetto attività per il momento in cui sarò guarito, penso a mia figlia di 6 anni che voglio vedere diventare donna, e, anche grazie a quello che leggo dal tuo blog, ho iniziato a scrivere una newsletter in cui racconto a modo mio il percorso.
    Grazie Mafe, per questi articoli e per gli stimoli che mi stai dando,

  2. No, non suona un po’ da matti, suona bellissimo.
    Sono molto -proprio molto- contento di sapere che sta andando bene.

    “These are crazy days but they make me shine,
    time keeps rolling by.
    All around the world, you’ve gotta spread the word,
    tell ’em what you’ve heard
    you’re gonna make a better day”

  3. La prossima settimana mi operano e ho paura. Andandomene in giro per la rete in cerca di ispirazione per un lavoro che devo fare, ho trovato il tuo post. Credo sia questo che chiamano “sincronicità”. Qualche giorno fa ho comprato dei sandali e oggi, che sono arrivati e sono perfetti, ho pensato che quando li indosserò questa paura sarà passata e io prenderò il sole sulla mia cicatrice. Avevo paura anche dell’anestesia e di tutta questa cosa che si è presa un sacco di spazio, di vita, di pensieri. Ma adesso penserò che io NON SONO la mia malattia e mi addormenterò anch’io con una canzone nella testa, guardando avanti, magari proprio al prossimo viaggio. GRAZIE! :)

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