Di soldi, tasse e altre utili cose noiose

A molti freelance, bravissimi nel loro lavoro, manca l'esperienza o la competenza necessaria per gestire il lavoro parallelo a qualunque attività in proprio, cioè trovare nuovi clienti/lavori, fare un'offerta sensata, farsi pagare il giusto e pagare le tasse.

Il video di un mio intervento al FreelanceCamp è stato inserito in questa guida di Antonella Gallino su un tema di grande interesse per l’ecosistema professionale in cui lavoro, e cioè “Quando il compenso di un lavoratore autonomo può considerarsi equo?”. In realtà penso che sia un tema di grande interesse per tutta la società, perché una società dove le professioni intellettuali/creative non sono pagate il giusto è una società che prima o poi avrà dei problemi, problemi che in gran parte vediamo già spuntare: perdita di rilevanza dell’informazione professionale, sfiducia nella competenza, comunicazione pubblicitaria sempre un passo indietro al pubblico. Per non parlare delle speranze di intere generazioni di guadagnarsi da vivere facendo quello per cui hanno studiato, tema molto caldo considerando che “La verità è che non sei bravo abbastanza” è, a distanza di anni, ancora il post più letto su questo sito.

Quel video era centrato sulla difficoltà, per un freelance, di farsi pagare anche il tempo dedicato alla gestione del proprio lavoro, in particolare la microgestione (spostamenti, riunioni, telefonate, continue richieste di modifiche). La mia tesi, semplice ma efficace, è: fatti pagare a consuntivo, a tassametro, a ore e non a forfait. Non è facile, non sempre ci si riesce, ma anche solo porre il problema aiuta il tuo interlocutore a vedere qualcosa che ignora, magari in perfetta buona fede. Riuscirai mai a farti pagare la microgestione? No! Riuscirai a ridurla facendola vedere come un costo? Sì! Se sei curioso il video è qui, insieme alle slide:

Negli anni, confrontandomi con amici e colleghi, mi sono resa conto che a molti freelance, bravissimi nel loro lavoro, manca l’esperienza o la competenza necessaria per gestire il lavoro parallelo a qualunque attività in proprio, cioè trovare nuovi clienti/lavori, fare un’offerta sensata, farsi pagare il giusto e pagare le tasse. Intendiamoci, mi sembra sano: io sono una creativa pubblicitaria che sa come usare i social media, l’ultima cosa che voglio è occuparmi di offerte, contratti e tasse. Però ho imparato a farlo e ho imparato un po’ di cose che penso di mettere a disposizione di tutti, come ho sempre fatto. Prima in mail, poi, se ha senso, in pubblico.

Ho perso il conto di quante volte ho aiutato amici a trovare il prezzo per un loro lavoro e, sia chiaro, continuerò a farlo volentieri, ma magari insieme riusciamo a far crescere la competenza di tutti. Pensiamo alle tasse, per esempio. Nessuno ama pagare le tasse e nessuno o quasi (certo non io) riesce a fare quello che si dovrebbe fare, cioè mettere da parte metà di quello che si incassa per farsi trovare pronti all’appuntamento di giugno/luglio. Ma è possibile che molti scoprano a luglio l’entità della pressione fiscale? Ogni anno? Da anni? No, dai: #bastalagne ma anche #bastacaderedalpero. Succede ogni anno: ad aprile fioriscono le allergie, a giugno devi pagare (a spanne) metà del fatturato in tasse e a ottobre cadono le foglie e si accorciano le giornate.

Non accadono solo cose brutte, però: ad aprile fioriscono anche i ciliegi e a novembre, se hai fatturato di meno dell’anno precedente (capita, a volte anche per scelta) puoi chiedere al commercialista di ridurre gli anticipi. Si chiama “metodo previsionale” ed è previsto dal fisco, perché non usarlo? Se il tuo commercialista trova tante scuse per non farlo (alcune delle quali terrorizzanti) cambia commercialista, perché uno degli obiettivi della salute fiscale (e mentale) è pagare gli acconti precisi (anzi, meglio se qualcosa in più), in modo da prendere il giro giusto e, ogni anno, pagare solo gli acconti e non i saldi.

E se proprio non ce la fai a rispettare una scadenza, magari perché un pagamento non arriva, lo sai, vero, che non è che vengono ad arrestarti il giorno dopo? Le uniche scadenze che non prevedono il “ravvedimento operoso” sono quelle dell’INPS, ma le altre sì. Ravvedimento operoso vuol dire che se non ce la fai a pagare un f24 lo paghi dopo con un piccolissimo aggravio. Ma piccolo davvero, non per ironizzare. E anche quando va tutto bene perché, per esempio, pagare l’IVA su fatture non incassate quando è possibile pagarla per cassa, cioè solo sulle fatture incassate?

Ok, mi sono intristita anche solo a pensarci e spero di non avere intristito pure te. Diciamo che quest’anno facciamo tutti insieme il Grande Gioco delle Tasse, e ci ritroviamo a giugno con i soldi per le tasse pronti in contanti. E per favore, quando sarà, facciamoci un piantino da soli in privato e, per una volta, indossiamo un bello #gnegnegne: tanto comunque lo sapevo già.

(nessun commercialista è stato maltrattato per scrivere questo post, ma la mia lo ha dovuto leggere per controllare che non scrivessi cazzate: è una brava, presto avrà anche un sito)

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