Nessuno obbedisce, nessuno comanda

I disagi sono invadenti, si prendono tutto lo spazio che c’è e i piaceri, più educati, si fanno sempre un po’ più in là finché non cadono e sembrano scomparire.

Alle due dell’1/1/2018 sono scivolata e mi sono sbucciata ginocchio, collo del piede e palmo della mano. Ho continuato a scivolare e cadere per tutto l’anno, un anno dispettosissimo, fastidiosissimo, pesantissimo. Un anno che si chiude con una TAC incerta e con l’inizio di un incubo che il 2019 ha dissolto.

Quello che mi disturba di più, però, è continuare a inciampare sull’eccessiva importanza dei fastidi, dimenticando i piaceri. I disagi sono invadenti, si prendono tutto lo spazio che c’è e i piaceri, più educati, si fanno sempre un po’ più in là finché non cadono e sembrano scomparire.

Cari fastidi, vi metto qui, in fila, vi pubblico, vi metto via, insieme alle lezione che mi avete insegnato. Anzi, la lezione: non insistere sempre. Per tutta la mia vita ho cercato di non mollare. L’anno scorso ho imparato che a volte è l’unica cosa giusta da fare.

Il 2018 è stato l’anno in cui ho capito di aver sbagliato a giudicare ben tre persone. Professionalmente e, soprattutto, umanamente. Questo mio errore di valutazione è costato carissimo a me e a persone a me care che hanno subito le mie scelte sbagliate. Mi sono dovuta mettere in discussione in continuazione, cosa di per sé sana ma, per una volta, ho dovuto accettare che non è vero che la responsabilità è sempre condivisa. La mia è stata fidarmi, affidarmi e insistere, ma non sempre cercare di mediare aiuta. La lezione è non insistere a salvare tutto e tutti. L’avrò imparata?

È stato l’anno in cui ho dovuto, più volte, rimandare impegni di lavoro per problemi di salute. Altra lezione: imparare a dire mi dispiace, non sto bene, devo sospendere. L’ho fatto troppo tardi, sono stata un mese senza voce, un inverno senza forze. Tenere duro, quando non si ha un fisico forte, non è allenante, non è carattere, è stupido.

Ho fatto tanti errori e li ho pagati tutti. Ogni volta che sono stata in ritardo o superficiale su qualcosa sono stata punita con interessi da usura. Sono sempre stata una secchiona e non sono abituata a sbagliare; per la prima volta ho capito che, quando si è fragili come sono stata io, bisogna stare attenti il doppio, non la metà.

È stato anche l’anno in cui ho seriamente dubitato della possibilità di continuare a lavorare in un contesto apparentemente lontanissimo dal mio metodo e dai miei valori, per non parlare della possibilità di continuare a vivere in un paese così malmesso. Questo però vale per tutti, o almeno per tutti quelli che pensano che non si possa guardare dall’altra parte mentre altri soffrono. Anche in questo caso, forse insistere è stupido. Forse dovrei davvero andare via. Oppure mettere da parte understatement e timidezze e lottare per le cose in cui credo.

Non ho ancora imparato a chiedere aiuto, ma a farmi aiutare sì. Soprattutto in modalità “nessuno obbedisce, nessuno comanda”, cioè quella della Banda dei Cinque, che mi ha plagiato in giovane età: per me comandare è impensabile, essere comandata impossibile.

Per questo la rete mi è così congeniale, anche se non sempre chi è in rete fa rete. Il 2019, però, mi ha già ricordato che la bellezza è nascosta, non scomparsa.

E per questo del 2018 voglio ricordare soprattutto tutte le persone (molto più di tre) che mi hanno sorpreso, mi sono state al fianco, mi hanno dato forza e soddisfazione. Che mi hanno guardata negli occhi. Che mi hanno regalato ‘nduja e focaccia ligure, marmellata di bergamotto e olio d’oliva, sottofieno e cioccolata fondente e un legame inaspettato e profondo, che va oltre lo scambio professionale o che forse è il vero scambio: io per loro ci sono stata, senza risparmio, loro per me pure. Un contatto visivo che prosegue anche a distanza, un legame più forte di tutto il resto. Volersi bene è la mia strada, chi mi ama mi segua.

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