A Digital Marketing Mix Draft

Possiamo seriamente pensare a un mondo di bit che crea esperienze solo di bit, anche nel digital marketing? Ovviamente no, prima di tutto perché la nostra esperienza quotidiana lo nega. Usiamo da decenni i bit per far succedere cose fatte di atomi: incontrare persone, spostare e vendere merci, far viaggiare informazioni, amplificare il marketing e la comunicazione di un’azienda. Solo chi è totalmente al di fuori dei media digitali, li frequenta solo per veder confermati i suoi pregiudizi o ha degli interessi personali può ancora pensare o raccontare che il mondo dei bit sia parallelo a quello degli atomi: tutti gli altri sanno che la realtà è una sola ed è aumentata dai media digitali, che non sono paralleli alla realtà fisica, ma sovrapposti. Un po’ come il mascarpone sui savoiardi :-)

Non a caso negli ultimi anni le aziende di cui parliamo di più usano i bit solo come layer degli atomi, e non come destinazione in sé: Yoox, Amazon, Uber, Airb&nb o Google Maps. È come se con Internet si fosse aperta una breccia nello spazio-tempo che adesso, piano piano, si sta saldando: ancora troppe persone però cercano di tenerla aperta, chi per impedire ai media digitali di entrare a fare parte della realtà quotidiana, chi per continuare a renderli notiziabili, diversi, difficili e quindi vendere a caro prezzo la “system integration” (dove i “system” non sono i mainframe, ma per esempio un quartiere e la sua social street su Facebook).

Provate a fare una ricerca con «digital marketing mix» o «social marketing mix»: non troverete, come mi aspettavo, una messe di ragionamenti su come il «marketing mix» (le 4 P di Kotler) viene «aumentato» dai media digitali, ma troverete (con qualche eccezione) un’elaborazione ex novo, parallela alle 4 P, molto spesso ignorate o risolte aggiungendo una quinta P, People. Altro che Cliente al Centro ;-)

Se una cosa non c’è e pensi che possa essere utile la soluzione è molto semplice: provare a farla. È quello che sto facendo da un po’ di tempo, lavorandoci da sola e raccogliendo le idee confrontandomi con i partecipanti ai miei workshop. Di una cosa sono certa, e cioè che i «social media content» siano un’estensione della distribuzione (Place) e non della comunicazione (Promotion).