Baci dall’ILVA

Crescere all’ombra dell’ILVA significa soprattutto crescere sotto il ricatto dell’occupazione e della mancanza di alternative, un futuro soffocante come i fumi delle ciminiere, un principio di realtà che i tarantini inspirano con il primo vagito e di cui sembrano non riuscire a liberarsi mai, un malinteso principio di realtà che fa pensare che a noi qui “puzzi la vita”, tanto siamo abituati a scambiarla con stipendi e un’apparenza di benessere economico.
L’ILVA e i posti di lavoro, l’ILVA e l’acciaio, l’ILVA e i punti di PIL, l’ILVA e tu che soluzione proponi, tu che parli e che chiedi di respirare un futuro diverso? Tu ambientalista, tu idealista, tu che te ne sei andato, tu che la fai facile, tu che devi difenderti da chi ti chiede di provare che la coabitazione con una fabbrica sia poco salubre.
A Taranto impari in fretta ad annuire o ad andartene, almeno fino a pochi anni fa, quando l’impegno e la protesta di pochi hanno cominciato a guadagnare il consenso di molti altri, quando piccoli segnali sparsi – l’università, un paio di scrittori, la possibilità di condividere informazioni e spiegazioni grazie a Internet – ci hanno aiutato a chiedere qualcosa in cambio di questo giogo medievale ereditato alla nascita.
Io non ho sogni o visioni per questa città, non credo possibile una bonifica, non penso nessuno troverà per noi una soluzione se non siamo capaci di industriarci da soli a scrollarci dal ricatto della ragion di stato e di stipendio, non penso nemmeno che sia ragionevole chiedere alla proprietà di comportarsi diversamente dalla ricerca del maggior profitto. Conto sulla magistratura per aiutare noi cittadini a fare da gruppo di pressione costante e continua per ottenere almeno queste cose:
- maggiori risorse per l’analisi dei dati e per gli studi epidemiologici, anche in crowdsourcing e favorendo la collaborazione tra associazioni ambientaliste e ARPA Puglia
- un database pubblico e aperto perché questi dati siano a disposizione degli studiosi e dei ricercatori di tutto il mondo, unica forma di controllo credibile perché distribuito
- maggiori risorse per il registro dei tumori e per monitorare le malattie rare e croniche, senza limitarci a misurare la mortalità e che soprattutto segua i cittadini nati e cresciuti a Taranto nei loro spostamenti, con un programma di prevenzione ad hoc
Io sogno per la mia città un futuro diverso, ma non so se questo sarà mai possibile: se l’ILVA deve continuare a produrre l’unica condizione perché possa farlo non è il rispetto di soglie discutibili o facilmente aggirabili ma l’adeguamento obbligatorio alla migliore tecnologia esistente. La tecnologia per inquinare meno producendo acciaio è disponibile: per noi, come per chiunque viva a stretto contatto con industrie inquinanti, il diritto alla salute non si ottiene con adeguamenti a standard arbitrari ma con il continuo perseguimento delle migliori condizioni produttive possibili. A noi non interessa se e quanto si ci si ammala e si muore nelle altre città, questa non è una gara: a noi interessa che chi produce a Taranto a ridosso della città (ILVA, Cementir, ENI etc) sia obbligato a farlo minimizzando l’impatto sulla salute, sull’ambiente e sulle altre attività produttive.